S: hai visto quella?
conoscente di S: quella chi?
S: quella con il vestito rosso...
c.S: dove?
S: ...là in fondo...
c.S: non riesco a trovarla...
S: vestito rosso, là in fondo, figa da paura... tette da sballo, bocca da pompinara...
c.S: è mia moglie.
S: ...
c.S: ...
S: ...nooooo, dietro! è di spalle... guarda che culo meraviglioso
c.S: è uno specchio... ed è sempre mia moglie.
S: ...
c.S: ...
S: imbarazzo...
c.S: già.
imbarazzo
Sfiga?
Si. Sono l'unica persona al mondo in grado di prendere la scossa toccando un oggetto di legno...
Ma un bel pornazzo no, eh?
In uno dei miei sempre più frequenti momenti di autolesionismo, ho deciso di vedere il film Love Guru. Fa cagare. Non guardatelo, non scaricatelo, non leggetene la recenzione, non avvicinatevi alla loncandina, non guardate assolutamente il trailer, e soprattutto: No! Non pensate neanche per scherzo che la presenza di Jessica Alba possa in qualche modo farlo diventare passabile, perchè non è così. Vedreste solamente un film brutto che vi sbatte continuamente in faccia l'ovvio: Jessica Alba è senza dubbio una delle più grandi strafighe che il mondo, fin dallla creazione, abbia mai visto. E... no. Non si spoglia. E no: comunque non potete scoparvela. A questo proposito mi sono chiesto: ma se Jessica fa film orribili, pur restando senza dubbio un gran troione, non le sarebbe stato molto più semplice e redditizio fare film porno? Qualcuno le faccia sapere la proposta: un bel pornazzo. Io e lei. E una telecamera. E se si vergogna, giuro che la si vedrà pochissimo in faccia. Tranne che alla fine. Tanto sarebbe irriconoscibile.
Zoofilia e Superenalotto
Bar. Caffè al tavolo all'aperto. Presenti: Sanchez, Il Professore, Gene La Iena, Spomp Barolo. I quattro chiedono consiglio telefonico al Dipartimento di Matematica dell'Università di Messina. Portavoce delle menti d'ateneo Yanez.
Alla sala biliardo
U Prufissure: dopo anni di biliardo nelle sale di Palermo, riesco a fare lo sbruffone anche quando perdo...
i miei concittadini
odio i miei concittadini. no. non è corretto. odio il 99.3% dei miei concittadini. il restante 0.7% fa parte di una ristrettissima cerchia di amici/conoscenti/familiari che non posso odiare perché mi sono utili in determinate circostanze, mi sono vicini (anche geograficamente), mi procurano divertimenti (leggasi in alcuni casi: sesso) e/o perché devo loro del denaro (forse per questo mi stanno un po' sulle, ma odiarli no...). ma in linea di massima posso dire che i miei concittadini sono delle clamorose teste di cactus. e scrivo cactus perché temporaneamente il tasto dell'ultima lettera dell'alfabeto si è reso irreperibile. e la cosa che mi infastidisce di più è la loro guida. sono completamente incapaci di percorrere una strada dritta, libera, a quattro corsie e priva di indicazioni stradali senza manifestare la loro inettitudine. percorro circa 100/150 km al giorno e la domanda che mi faccio più frequentemente sull'automobilista che mi sta davanti è: Ma cosa cazzo stai facendo??? si fermano in mezzo alle rotatorie (e la mia città ne è piena); sono in grado di occupare 12 posteggi con una cinquecento; se hanno necessità di effettuare un'inversione di marcia decidono sempre di farlo nel posto che arreca maggiori problemi agli automobilisti circostanti che, a loro volta, colti da un moto di invidia e stupidità, decideranno anch'essi di effettuare una inversione di marcia nello stesso punto. i miei concittadini hanno la straordinaria convinzione che la propria auto sia abilitata ad essere posteggiata dentro gli esercizi commerciali in cui si devono recare. e non importa se ci sono scale, scivoli per i disabili etc. etc. loro devono posteggiare lì. non ci sono cazzi. sono disposti a fare il giro del quartiere tante volte fino a quando non si libera quel posteggio occupato a sua volta da un altro idiota. e la stessa cosa anche nei centri commerciali. non importa che gli stalli vicini agli ingressi siano pieni. inseguono i pedoni che tornano alla macchina, a passo d'uomo, danno un leggero colpo di clacson per attirare l'attenzione e non fanno l'unica domanda lecita che si potrebbe fare in quella situazione: "Sta andando via?". no. loro chiedono: "Che ce l'avete lontana?". "Scoprilo da solo, testa di cazzo!". e se una volta scesi dalla macchina, vedono qualcuno che va a posare il carrello, lo pedinano ed all'ultimo momento ti lanciano addosso un euro e si prendono il carrello. hanno questa buffa convinzione che il carrello che ho io sia in qualche modo migliore di quello che avrebbero trovato in mezzo agli altri carrelli. "se tutti quei carrelli sono lì, è chiaro che non li ha voluti nessuno e quindi perché mai dovrei essere io a prenderne uno?". Idioti! e poi le file. non riescono a rispettare le file. insomma ci sono senza dubbio altri paesi del mondo in cui le file, le regole automobilistiche, le semplici norme di educazione vanno a farsi fottere. ma sono luoghi in cui è una questione di sopravvivenza. a catania, se uno si ferma al centro di rotatoria ha solo due buone ragioni per farlo: il motore ha smesso di funzionare, di colpo; un pedone gli sta puntando una pistola contro. sono due motivi buoni. a catania, se qualcuno non rispetta una fila, nessuno mai andrà a dire "ma c'ero prima io", perché probabilmente si tratta del pedone armato di prima. nella mia città, invece, le file si ignorano proprio. esempio: in un supermercato un uomo entra per fare la spesa (a catania per fare una rapina), fa il giro di tutto il locale e arriva alla cassa con un brico di latte. ignora sstematicamente la fila, va dritto dal cassiere e dice: "Posso lasciarglielo qui?". la troia alla cassa di solito risponde di si. ed allora il tipo torna indietro arecuperare qualcosaltro e, recatosi nuovamente alla cassa, fa la stessa domanda ed ottiene la stessa risposa. e così via per una ventina di volte. così, ad un certo punto, proprio quando è il tuo turno, senti una mano sulla spalla che energicamente di disarticola dal pavimento. ti giri di scatto e vedi un cretino con l'aspetto da cretino che farfuglia come un cretino che ti dice: "devo solo pagare quelle cose!". devi solo levarti dalle palle! e potrei continuare a raccontarvi di cose assurde che accadono nella mia città, ma rischierei di fare tanti esempi per ogni unità di quel 99.3% di persone che odio. quindi bien: odiateli anche voi, magari il mondo andrà un po' meglio.
Sanchez vs Amstrad: 0-2 (18 gennaio)
Uno dei televisori del Quartier generale è andato fuori uso. Il sottoscritto ha dovuto subire il furto del proprio tv color (praticamente nuovo) da parte del Colonnello che lo ha sostituito a quello della sala mensa a sua volta movimentato sul mobile antistante al letto del Generale. Al sottoscritto è stato rifilato un lcd sette pollici di fortuna, ottimo se si vuole guardare il proprio programma preferito in piedi, ma pessimo da guardare dal letto. In definitiva il sottosoldatosemplice aggiunto Sanchez, dopo una settimana di lcd formato francobollo sul comodino, si è procurato un torcicollo tale da non potersi neanche abbottonare la divisa. In ogni caso, trascorsa la settimana durante la quale l’apparecchio “malato” veniva riparato, ho assistito all’ennesima movimentazione: la tv smontata e ricostruita a mo’ di puzzle dal tecnico è finita nella mia stanza, quella che era arrivata in cucina è tornata in camera da letto, quella della camera da letto ha ritrovato il suo legittimo posto in cucina, il francobollo con l’antenna nel suo imballo e consegnato al sottoscritto per portarlo alla sede distaccata del Quartier generale. E’ chiaro che per la seconda volta sono rimasto fottuto, ritrovandomi con il televisore rappezzato. Specifico che il danno rilevato sul 15 pollici del Generale era l’assenza del segnale audio. Ininfluente per la visione di film bulgari con sottotitoli in armeno, ma fondamentale per la riproduzione di musica dal lettore dvd…
La notte scorsa il delirio:
ore 3.20
sto guardando una puntata del Dr. House a caso (come tossicodipendente misogino e misantropo non faccio altro che guardare quello zoppo nella speranza di trovare un sistema per azzopparmi in modo indolore: ho già acquistato una trentina di bastoni), quando ad un tratto il negro dell’equipe diventa muto, lo schermo sfarfalla, diventa dello stesso marrone di Foreman, compaiono le scritte Au revoir, aurfidersen, goodbye, continua senza di me, ciao!
Il pianto, poi la rivalsa. Mi alzo, mi avvicino, lui si accende da solo. Foreman riappare sornione e dice una delle sue. Mi dico che forse c’è stato un abbassamento di tensione e bha!
Mi risiedo sul letto. Contemporaneamente Cameron diventa gialla, assomiglia a Lucy Liu, l’audio scompare, mi squilla il cellulare. E’ Tarantino. Dice che House non gli piace perché in quattro serie ci sono solo due sparatorie e riattacca! Schermo giallo, scritta blu: SUKA! Schermo nero, luce rossa di standby. Odio la Amstrad! Mi rialzo, compare Chase, mi risiedo, il biondo si aggiusta il ciuffo e scompare. “ACCRASTA!” in rosso su sfondo bianco! Mi avvicino. Il televisore si accende, la diagnosi differenziale continua. Non mi siedo, chiama Lucy Liu, non le rispondo. Sto lì a guardare per un po’… tutto procede secondo copione e pace. Accenno a tornarmene a letto e l’audio si smorza. Mi fermo: House muove la bocca, ma si sentono solo rumori di sottofondo. Torno alla posizione intimidatoria stoperdartiunpugnosenonlasmettitifrantumoetibuttonelcesso. Cameron: “Abbiamo un’emorragia intestinale” House: “Tutti e tre?”. Rido, mi siedo, il televisore toglie l’audio, poi si spegne, placido. Un puntino bianco al centro permane per un minuto, cronometrato. Mi alzo di scatto. Odio essere preso per il culo dalla tecnologia. Il televisore si accende di colpo un secondo prima che un mio pugno lo colpisca provocando il risveglio del Generale che si teletrasporta in camera armato di sciabola nordista! Per dio! Ci guardiamo per qualche secondo, il mio braccio ancora levato sopra il televisore. House cammina per il corridoio, mi sembra un’altra puntata, ma lascio correre (la situazione, non House che non potrebbe e comunque non mi permetterei mai!). Il Generale, appurato che nessun pericolo è in agguato, rinfodera la sciabola nell’elastico del pigiama e si riteletrasporta. Io ed il 15 pollici cominciamo uno scontro di sguardi. Lo fisso tornando verso il letto, non lo mollo neanche per un secondo, mi siedo, lo fisso, mi infilo sotto le coperte, lo fisso, tutto ok, assumo la posizione fetale tipica dello spettatore notturno, sbatto le palpebre e lui toglie l’audio! Suonano alla porta, è il postino: mi consegna una raccomandata da parte di San Pietro che come legale rappresentante della ditta “Paradiso” mi intima di smetterla di inflazionare continuamente la parola “porco” accostandola al nome dell’amministratore delegato della succitata azienda.
Ore 4.00
Dopo aver saccheggiato il mobiletto dei liquori, torno in camera, estraggo dalla scatola il 7″ di fortuna e lo collego al dvd.
Oggi non riesco a tirar dalla sigaretta senza lasciare andare lacrime di dolore.
vecchi post
Siccome mi spiace che chi viene qui non può leggere i vecchi post, ora li ripubblico uno dietro l'altro, cominciando dal più vecchio. Accrastate!
Smettere di fumare #3
ho ricevuto domenica sera la seguente mail:
Gentilissimo sig. Sanchez, è intenzione della Philip Morris Products S.A. (da ora in avanti "il nostro Cliente"), citarla in giudizio per danni a causa della sua paventata volontà di smettere di fumare. Nel suo iniziale tentativo, infatti, durato solo 48 ore, ha praticamente portato al collasso l'economia provinciale relativa alla vendita del tabacco. Nel caso specifico, il nostro Cliente, l'accusa di aver lasciato nei Tabacchini un'ingente quantità di Chesterfield (da ora in avanti "il prodotto"), che precedentemente erano state messe da parte proprio per lei. Il nostro Cliente, per le perdite avute a causa della mancata vendita del prodotto, vorrebbe ottenere da parte sua un risarcimento di circa 2000 (due mila) euro. La informiamo fin da ora che in caso dovesse decidere di perseguire nel suo insano intento, sarà nostra premura notificarle la citazione in giudizio entro 48 ore.
Cordiali saluti,
firmato etc. etc.
che dire: appena sono entrato al Tabacchino, questa mattina, l'omino dietro il bancone ha tirato un respiro di sollievo ed ha subito stracciato un foglio di cartone con su scritto "Svende tutto per fallimento"!
Smettere di fumare?
Ok. Dopo un convincente scambio di idee con Daniela ho deciso di smettere di fumare. Adesso.
E mentre accendo la mia ultima sigaretta (almeno per l'ora seguente, non garantisco per il resto della vita), ripenso alle parole che mi hanno convinto:
Sanchez: il mio post sulle sigarette non l'hai commentato...
Daniela: lo so, ti avrei detto di smettere e non volevo far la pressa; quindi ho preferito non commentare: il mio non commento era un commento.
A volte mi stupisco di quanto sia facile farmi fare cose che non farei mai sotto indicazione di altre persone. Basta dirmi che non è loro intenzione farmele fare. Quindi, amici miei, ricordate: volete farmi fare qualcosa? Ditemi che non dovrei farla! Anzi, fatemi capire che non ci state nenache provando. Anzi lasciate perdere e basta!
Racconto, parte 8 "Gli Anelli"
In ogni modo, l'errore fu nostro. Non avremmo dovuto lasciarlo solo, non avremmo dovuto permettergli di aprire il libro e, soprattutto, non avremmo dovuto privarlo del suo anello quando decisero di chiuderlo in una cella imbottita.
Nel corso degli anni, i vertici dell'Organizzazione stabilirono che era assolutamente necessario cominciare a conoscere meglio ciò contro cui lottavamo. Il compito, certamente non semplice, toccò a Matt J. Simpson. Cofondatore dell'Agenzia, era una strana persona. Piena di dubbi, ma anche di certezze; il suo animo era colmo di paure, ma capace di eroismo, talvolta. La sua logica era come il suo fisico: contorto da anni di studio, la schiena rotta da ore impiegate a leggere libri dai caratteri piccoli, seduto su una sedia scomoda.
Simpson ci disse che una volta indossati, non era più possibile toglierli, almeno non senza il suo intervento. Inoltre, ci fece intendere che non era saggio lasciare che qualcuno li esaminasse. Mai. Quando Molfetta venne internato, avvertimmo Matt della situazione. Egli stesso si precipitò al sanatorio per riprendere il prodotto della sua “arte”. Non avrebbe dovuto. Era stato lui a dirci che ci avrebbero protetti e sempre lui ci aveva detto che non avremmo dovuto toglierli se tenevamo alla pelle. Beh, Matt, secondo me porti nel cuore la colpa per la morte di Tony, sempre che tu ne abbia ancora uno umano!
- Calmati…
- Tu! – gli puntai l’indice contro - Avrai questo conto da pagare!
Si alzò, sorseggiò un po’ di brandy e lo sputò sul fuoco. Sembrò che le dita del demonio risalissero l’aria dal camino fino a lambirgli la giacca, come per afferrarlo. Poi si dissolsero in piccoli crepitii. Fece tre passi pacati verso di me. Matt non aveva bisogno di indici da puntare. Si limitò a guardarmi, fermo come una statua per dei secondi che mi parvero interminabili. Ebbi la precisa sensazione che qualcosa stesse frugando dentro di me. Mi sentii violato, come una verginella. Allungò una mano verso un cassetto dello scrittorio accanto a noi. Lo aprì e tirò fuori l’anello di Tony. Me lo porse.
- Ecco ciò che sei venuto a chiedermi.
- Ma…
- Prendilo e va via, prima che mi accorga che hai disturbato le mie riflessioni.
Imparai col tempo che le minacce di Matt non erano né semplici avvertimenti né promesse solenni. Le intimidazioni di Simpson erano garanzie. Quindi, presi l’anello e quanto restava della mia integrità e me andai. Mi servirono circa venti minuti per organizzare il tutto. Dietro alla villa c’era la tomba di famiglia del vecchio proprietario. Da lì divelsi una lapide. Tornato alla villa, la piantai a terra sotto la coppia di scale che partivano dall’atrio, con le scritte rivolte al muro. Mi procurai del fil di ferro e lo infilai nell’anello. Lo curvai e ne incastrai le estremità in dei fori che avevo precedentemente prodotto nei bordi della lastra di marmo. Con il coltello incisi “Antony Molfetta”. Naturalmente non servì a riportarlo in vita, ma quanto avevo fatto fu utile a ricordare ai membri dell’Organizzazione che non era impossibile che il nostro lavoro finisse in tragedia, con o senza i regalini di Simpson. Passando per l’ingresso della villa, non sono stato molto contento di vedere che una tradizione che fui io ad iniziare, è ancora viva e seguita qui al Settimo Sigillo. Ad oggi un centinaio di nomi e di anelli si trovano su quella lapide. Ma nessun altro agente fu mai privato del proprio amuleto mentre era ancora in vita. Dopo diversi anni, il luogo è rimasto sostanzialmente invariato, a parte per la scritta che venne dipinta sul muro: le lacrime che abbiamo versato per i nostri fratelli saranno versate per noi da altri fratelli. Non ricordo chi fu a volerla, ma sono sicuro che per me nessuno piangerà mai.
Argomenti Call of Cthulhu, Racconto, Settimo Gigillo, Vampiri
Smettere di fumare
Quando misi in bocca la mia prima sigaretta era il 7 gennaio 1992. Era un martedì e due mesi e cinque giorni dopo avrei compiuto 11 anni. Al 4° ginnasio reggevo le mie marlboro morbide fra le dita con tale stile che la Philip Morris scritturò la mia mano per una serie di spot, in culo al famoso cowboy. Al 1° liceo ero decisamente un tossico. Un pacchetto di sigarette durava giusto quanto l'orario scolastico. Le ristrettezza economiche tipiche dell'età mi costringevano ad atteggiamenti da barbone di cui tutt'oggi non vado per niente fiero. Venni colpito da una vera e propria malattia per la quale coniai il termine “sindrome dello studente”, nota per costringere il soggetto a fumare una sigaretta in un minuto netto, vale a dire il tempo che ci mette un professore ad uscire dall'aula ed essere sostituito da un altro rompipalle. Dodici anni dopo questo male si è cronicizzato.ed ora fumo una Chesterfield in meno di 40 secondi. Ora mi è stato chiesto: considerando che hai 27 anni e che fumi da 16, non credi sia il caso di smettere o stai solo aspettando che dio lasci andare il comando per fare impazzire alcune cellule del tuo corpo? La risposta è: No! ad entrambe!
Argomenti fumare, marlboro morbide
Zero?
Buxok e la sua nordica metà hanno deciso di ospitare un piccolo cucciolo di satana, accudirlo e farlo crescere all'ombra del male ed dell'insania. Comunque, i due hanno trovato per la bestiola del demonio un nome interessante. Zero. Spero non ci siano allusioni alla volontà di fare esperimenti di clonazione... oddio! in realtà temo che abbia a che fare con Muccino...
in ogni modo spero che diventi così:
Laureati e laureandi
Roberto si è laureato il mese scorso. Veramente complimenti. Solo che, dopo una serie di indagini, ho scoperto che se avesse ritardato di un sol giorno avrebbe ottenuto il suo bel posto nei guinness. Ormai poteva aspettare... Buby, voglio un amico nei guinnes, pensaci tu!
Rcconto, parte 7 "Tony, non toccare!"
Insomma, all'appello mancava l'officiante che nella fuga ci aveva fatto il piacere di lasciarci il tomo dei rituali e la botola usata per scappare aperta. Lo inseguimmo per impervi cunicoli, brulicanti di forme di vita certamente non di questo mondo.
Uno di noi si soffermò qualche minuto nella sala, in mezzo ai cadaveri, convinto che il libro dovesse avere un'altra parte, una sorta di compendio. Era un uomo di piccola statura, asciutto, brutto, di origini italiane, ladro, figlio di ladro, nipote di ladro etc. etc. un infido, ma il miglior scassinatore in circolazione, dotato di una mente superiore quando si trattava di cercare dei nascondigli. Aprì il volume, sicuro che celasse qualche indizio. Dopo qualche sbirciata, i suoi occhi si illuminarono di insania e divenne determinato nella sua caccia. Iniziò ad esaminare le pareti, poi l'altare, poi i cadaveri uno per uno ed infine si inoltrò nei passaggi dove il resto del gruppo si era avventurato. Con il tomo fra le braccia, si soffermò a controllare ogni angolo, farfugliando cose incomprensibili si accovacciava in prossimità di cumuli di carne e sangue, i resti dei pasti di quelle mostruose creature che abitavano le caverne.
“Deve essere qui da qualche parte!”
“Lascia stare, stai attento piuttosto!”
“L'hanno nascosta qui intorno, lo so... l'hanno nascosta bene, ma io la troverò, è mia, mi appartiene tutta... la troverò e la terrò per me”
“Ma che diavolo stai blaterando? Andiamo via, prima che qualche mostruosità ti scambi per lo spuntino di mezzanotte!”
“Nooooooo! Non potete capire, è mia, devo riprenderla”
“Lascia stare, Tony, stai con noi, seguici e non toccare niente”
Non lo fece.
Eravamo abituati a scene simili. Spesso durante le indagini qualcuno si lasciava andare e faceva tutto di testa sua. Sapevamo che era tutta gente addestrata ad ogni evenienza, ma quella volta, la frase “Non potete capire...” e tutto il resto, avrebbe dovuto convincerci che stava per accadere qualcosa di sbagliato. E mentre la nostra caccia terminava con la morte del sacerdote e dei suoi cuccioli da compagnia, la sua ricerca finiva con l'ultimo barlume di sanità. Ritrovammo Tony Molfetta mentre si nutriva di frattaglie umane. Non appena gli sottraemmo il volume, il suo impeto si spense divenendo esuberante come un salice. A causa de suo stato catatonico, fummo costretti ad internarlo. Qualche mese dopo morì. Per fame dissero. Ma non ho mai capito come la fame possa procurarti una ferita da machete alla base del cranio.
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Racconto, parte 6 "Ospiti indesiderati"
Nella lotta, fin dall'inizio, non pochi furono i caduti. O coloro che, per la gravità di quanto appresero, impazzirono.
Una notte entrammo nel covo di alcuni fanatici, i Cancelli dei Mondi erano ancora saldi al loro posto e molti di noi aveva ancora sembianze umane. Con dell'esplosivo ci aprimmo la strada nei sotterranei di quest'antica villa padronale dove si consumavano orribili rituali. In pochi minuti una moltitudine di cadaveri divenne il risultato dei nostri metodi. Non andavamo mica per il sottile: quei maledetti andavano fatti fuori e non esisteva la cultura della “riabilitazione”. Come “ospiti” non portavamo certo fiori e cioccolatini. Una cura di shotgun e dinamite era l'unica ricetta possibile per quei fottuti invasati. Quando nella stanza delle cerimonie non si mosse più nulla cominciammo a far la conta di quanti ne avevamo ammazzati. Erano una quarantina; alcuni di loro avevano i tatuaggi che, scoprimmo in seguito, indicavano i prescelti per i sacrifici. Era come avere la data di scadenza incisa sulla pelle. Mi immaginavo le discussioni che gli adepti dovevano tenere prima di officiare i loro riti.
“Oh salve, Andrew, a casa tutto bene?”
“Meravigliosamente, Fred! Anzi, grandi notizie!”
“Davvero?”
“Si, io e Maggie aspettiamo un altro figlio”
“Congratulazioni!... Ah senti, mi passi il drappo rosso?”
“Si certo, a proposito, che si fa oggi?”
“Nulla di che, ammazziamo Frank!”
“Oh, beh!”
Fottuti maniaci!
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Racconto, parte 5 "La Morte è meglio di molto altro"
In realtà, nessuno all'Agenzia conservava caratteristiche tipicamente umane. Condizione estremamente necessaria per avventurarsi nelle indagini di nostra competenza.
“Ancora del bourbon, signore?”
“No, Eddie, grazie, va bene così...”
“Ero sicuro che vi andasse”
“Ti vieto categoricamente di leggermi nel pensiero!”
“Perdonatemi, signore”.
Scomparve, così com'era venuto. Questo suo modo di fare mi faceva incazzare parecchio.
Ma d'altra parte, ricordo che Eddie venne scelto proprio per queste sue particolarità.
All'inizio l'Organizzazione era nata come una semplice agenzia investigativa specializzata nel campo dell'occulto. Dopo i primi semplici casi (fantasie di vecchie nonnine e leggende di piccoli villaggi, che si rivelarono per lo più dei poltergeist di debole entità) ci accorgemmo che molte situazioni strane avevano origini antiche, le cui storie si perdevano nel tempo, in epoche in cui l'uomo non era neanche nei progetti di Dio... anzi: in epoche in cui Dio era impegnato in altri mondi, in altre dimensioni. Ci dedicammo allo studio degli eventi, convitti che un comune denominatore li gestisse per un fine più grande. Scoprimmo l'esistenza di sette impegnate in trame che non avremmo mai potuto immaginare. Queste lavoravano con lo scopo di riportare nel nostro mondo, ed in particolare sul nostro pianeta, entità primigenie, sopite da milioni di anni in un sonno eterno. Potemmo appurare, inoltre, che alcune di queste entità non solo erano in grado di comunicare con la nostra realtà (nonostante fossero relegate in un profondo “letargo”), ma addirittura erano esse stesse a governare le azioni di taluni uomini. Questi ultimi, illusi da fittizie promesse di ottenere potere e tutte quelle altre cosucce accessorie che il Male promette sempre, muovevano i propri intrighi in loro favore. Combattemmo numerose volte contro disparati gruppi di cultisti, votati a questa o quella divinità, disposti alla morte ed a prove ben peggiori pur di soddisfare le volontà del proprio Signore. Chiunque si dovesse chiedere cosa ci sia peggio della morte, deve sapere che la Morte stessa può essere, in certi casi neanche tanto rari, un desiderio, una speranza o semplicemente l'inizio di qualcosa di molto più oscuro e temibile del Male stesso. Poi accadde l'imprevedibile, o per meglio dire, accadde quanto fu ampiamente predetto da quelli che venivano reputati solo dei poveri folli. Ci capitò di distruggere i rovinosi intenti di gruppi di fanatici giunti a pochi passi dal “Tenebroso Avvenire”. Quei pochi che divenivano prigionieri, ripescati spesso mutilati fra i cadaveri di quanti avevano perso la vita negli scontri, avevano anch'essi perso qualcosa. La ragione! E farfugliavano del Giorno del Risveglio, del ritorno dell'Era delle Belve. Ebbene fallimmo. Un drappello di uomini corrotti dalle lusinghe di queste menti aliene, voltò le spalle all'Agenzia, cominciando a coprire tracce che, invece, avremmo dovuto trovare per il bene di tutti. I Cancelli dei Mondi furono aperti. Quanto di più orrifico le nostre menti avessero mai prodotto durante gli incubi si riversò nelle nostre vite. Le creature più temute, oggetti delle nostre angosce, diventarono più reali delle nostre stesse carni. E quanto ci aveva ossessionato durante il sonno, al confronto con i nuovi giorni, appariva d'un tratto, un piacevole spettacolo da circo. Come dicevo prima, alla fine del cammino, nella migliore delle ipotesi, ci attendeva la Morte.
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città deserta
in questo periodo la città è così vuota che questa notte mi sono permesso di andare in giro per mezzora dando gas alla mia moto scoppiettante senza neanche l'ombra di una paletta delle forze dell'ordine. Ero nudo.
Racconto, parte 4 "Lo Monaco e Marlow"
Ci disimpegnammo con eleganza l'uno dall'altro. Tenendosi i pantaloni stretti in vita, Barret, saggiamente, guadagnò l'uscita lasciandomi finalmente solo.
L'Organizzazione non era un luogo dove coltivare le amicizie ed il sospetto era il principale sentimento che ognuno era obbligato a mostrare nei confronti degli degli altri. Perfino all'interno dell'Élite non esistevano “amici” nel senso puro del termine. C'era qualche caso, si, d'accordo, ma erano rari come acqua nel deserto. Ricordo ad esempio la storia di due veramente inseparabili: Adrian Lo Monaco e Jack Marlow. Il primo era un logorroico investigatore privato con la mania della tortura; l'altro un molto poco loquace serial killer, assassino per professione. Inutile dire che in più di un'occasione si scambiarono i ruoli. O per meglio dire, raccontano ci fosse un complicato sistema di mutuo soccorso che li rendesse vicendevolmente indispensabili. Non capii mai la ragione per la quale fossero così legati, ma sembrava ci fosse una sorta di intesa che andasse ben al di là dell'amicizia. Niente cose da femminucce, no. Ma certo è che dove c'era uno c'era anche l'altro. Ed era abbastanza comune pensare che i due sapessero esattamente cosa facesse l'altro, anche con migliaia di km a separarli. Ricordo le riunioni operative per le missioni. Lo Monaco e Marlow di qua, Marlow e Lo Monaco di là! Sempre assieme, in perfetta cooperazione, silenziosamente letali e fatali. Come un veleno di cui non esiste l'antidoto. Personalmente non ho mai sentito Marlow emettere un suono, neanche mentre camminava, e non credo fosse la voce di Lo Monaco a coprirlo. In ogni modo, assolutamente niente male per un semplice umano.
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Se fossi...
...dio riorganizzerei il sistema di accesso al Paradiso secondo il quoziente intellettivo. sei cretino? CIAO! buon inferno! e poi aggiungerei crediti in base a azioni meritevoli: non sei un'aquila ma hai contribuito ad eliminare dal mondo un numero x di imbecilli? ENTRA PURE FRATELLO!
Racconto, parte 3
Dopo qualche annusata per assicurarmi che tutto fosse ok (all'Agenzia il veleno nel whisky era la cosa più banale che ti potesse accadere) mandai tutto giù. Di un fiato. Per un attimo sentii la necessità di respirare e mi parse che l'aria addirittura fosse riuscita ad insinuarsi nel mio corpo spugnoso e secco. “Ottimo sturabudella!” pensai. Intinsi l'indice in ciò che rimase nel bicchiere e poi me lo poggiai sul labbro. Restai in quella posizione per un bel pezzo, mordicchiandomi nervosamente il polpastrello unto di bourbon e globuli rossi. Riuscivo a distinguere i cereali con cui si produce quella bevanda. Eddie non stava molto bene, aveva un sapore un po' acidulo. A giudicare dal suo atteggiamento, anni di servizio all'Agenzia dovevano avergli rovinato gli umori.
Chiusi gli occhi e cercai di guardare lontano, ma le pagine del tempo che deve ancora venire, allora, mi erano precluse. Il mio mentore, anni addietro, ebbe a dirmi che, di tanto in tanto, avrei dovuto provare ad esercitare questo potere, anche se avere accesso alle immagini di ciò che fu è già un modo per conoscere quanto accadrà. Che sia maledetto! A me interessava sapere subito cosa mi sarebbe successo; dovevo capire le ragioni per le quali l'Agenzia mi aveva richiamato in servizio nel ben mezzo della mia vacanza. Ma niente. L'unica cosa certa che sapevo del mio futuro era che da lì a qualche momento avrei acceso un cubano.
“Ancora con quel viziaccio? Mi impuzzolentirai tutto lo studio... - una voce spocchiosa giunse dall'ingresso della stanza; dopo un attimo continuò intercalando pesantemente il mio nome “Miguèl...”
“Ossignoreiddiocristo!”
“...con quell'abominio che tieni in bocca...”
“Non andare oltre!” - gli intimai.
“...a giudicare dal colore e dal puzzo direi che ti è uscito dal cu...”
In meno di mezzo secondo ci ritrovammo con le facce una davanti all'altra e le pistole puntate alle tempie.
“Sei migliorato!”
“Oppure tu sei peggiorato, Alan” intercalai pesantemente sul suo nome.
“Comunque sia, non sei ancora abbastanza veloce per me...”
“Sei il solito sbruffone – dissi – non lo senti il freddo dell'acciaio?”
“Anche la mia Desert Eagle è fredda, non credi?” fece pressione con la canna fino a lasciarmi il segno.
“Ma io parlo del coltello che ti sto puntando qui fra i paesi bassi” spinsi la lama, arrivata prima della mia pistola sulla sua testa, prima della sua sparacaccole alla mia tempia. La temperatura del metallo entrato attraverso i pantaloni e poggiato nell'interno coscia provocò un brivido tanto forte da fargli rizzare i peli della nuca; all'altezza del cavallo, invece, non c'era più nulla che si dovesse drizzare. Solo una specie di lumaca raggrinzita che gli sostituì improvvisamente all'uccello.
“A giudicare da quel che sento con il coltello, posso dirti che stai invecchiando Barret... dentro, ma stai invecchiando! Ahahahahahah!” chiusi la risata con un bel ghigno, canino in mostra.
“Cristo santo, Miguèl! Sei rimasto il solito pervertito!”
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Racconto, parte 2
Avevo bisogno di un drink. Me ne andai nello studio e mi versai un goccio di whisky. Azionai il pulsante per chiamare il domestico un secondo prima di sedermi su una poltrona. Una voce alle mie spalle:
“Avete chiamato, signore?”
“Eddie! Dannazione! - mi adirai - Devi smetterla di sbucare dal nulla! Mi farai prendere un colpo!”
“Devo ricordarvi che il vostro cuore non batte più da oltre un secolo, signore?”
“Non è questo il punto, Eddie. E'... è... fastidioso” biascicai.
Si recò al mobile bar, prese un vassoio e tornò da me, aggirando con maestria il grosso mappamondo che Wilson, alla fondazione dell'Agenzia, volle piazzare lì in mezzo per no so quale astrusa ragione estetica.
“Non immaginate quanto sia fastidioso per me assecondarvi nei vostri bisogni, signore...”
“Eddie, non ti permetto...”
Si posizionò davanti a me, inarcandosi leggermente in avanti e poggiando il vassoio sul tavolino di fianco la poltrona. Si tolse la giacca e la appese delicatamente sul braccio sinistro, poi sbottonò il polsino destro e tirò su la manica, arrotolandola su se stessa. Riprese il vassoio con la sinistra, stando attento che la giacca non cadesse, e lo porse verso di me, fino a tirar via con la mano libera, il fazzoletto di seta rossa che nascondeva uno stiletto adagiato su di un rettangolo di lino. Presi l'arma. Era così affilata che avrei potuto tagliare un uomo in due, con un sol colpo.
Edward si raddrizzò e, volgendo lo sguardo altrove, come a fissare un punto lontano, mi porse il polso scoperto.
“Inoltre vi sarei riconoscente se decidesse di chiamarmi Edward, signore!”
Fui rapidissimo. Con un gesto più fulmineo di un cobra che azzanna la preda, recisi le vene del polso. Per pochi secondi, una fontanella di sangue sgorgò dalla carne per riversarsi nel mio calice, prima che la ferita si rimarginasse magicamente.
Adesso il mio drink aveva davvero sapore.
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paraperDio!
ieri a ragusa c'era così tanto vento che sarebbe stato possibile fare parapendio, senza rincorsa, senza paracadute e soprattutto senza il pendio!
Racconto, prima parte
Dicevano che fosse bellissima. Quando la incontrai per la prima volta, non ebbi il coraggio di guardarla negli occhi, quasi avessi paura che potesse capire tutto. Eppure... che sciocco! Non era necessario che i nostri sguardi si incrociassero per palesarle il mio stato. Fu la stretta di mano a rivelarle la mia natura. Il suono della pelle che friggeva al suo tocco fu più eloquente di quanto sarebbero stati i canini e le pupille di ghiaccio.
Più volte avevo raccomandato alle alte sfere di scegliere le agenti in base alle capacità da “strada”, piuttosto che solo per il bel visino.
“Ci serve un'anima sporca, per Dio! - dicevo sempre - Ci serve una maledetta troia!”. Ci mandarono una fottuta santa.
Portai le sue impronte impresse sul dorso della mano per una settimana, non senza un pizzico di vergogna. Avevo sentito la sua fede mentre mi trovavo ancora nella mia torre e, ciononostante, ero così ansioso di conoscerla che non mi riuscii di prender coscienza della sua pericolosità. Ebbene... mentre la mia mano sfrigolava nella sua, il dolore spinse una lacrima cremisi lungo il mio volto. Scorsi velocemente una lista di pii da calendario cattolico e li inondai delle peggiori espressioni. Feci per sacramentare... non seppi dire nient'altro che: “E' veramente un immenso piacere conoscervi!”. “Mr. Sanchez, suppongo. Vi prego di non imprecare, non vi si addice” disse.
Dicevano che fosse bellissima: lo era sul serio. E non solo.
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